L’arrivo sul mercato del nuovo drone Dji Mavic rende di nuovo attuale la diatriba su uno dei punti ritenuti più critici da parte di chi utilizza il video in impieghi professionali, ovvero la possibilità di trattare le immagini dopo che sono state riprese.
In altre parole la videocamera (ma in fondo è lo stesso con la fotografia) deve sempre essere lo strumento più neutro possibile, limitarsi ad acquisire le immagini ed archiviarle in un file, così come sono state “viste” dall’occhio elettronico e senza rielaborare autonomamente i fotogrammi.
Successivamente l’editor, o più appropriatamente uno specialista di color correction avrà modo, con comodo, di applicare filtri e calibrazioni cromatiche, facendo esperimenti e modifiche e intervenendo là dove è ritenuto opportuno dal regista o dal direttore della fotografia.
Viceversa, se il file generato dalla fotocamera digitale è “scarso”, ben poco potrà essere fatto per migliorare una scena.
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